Mi rendo
conto che la metafora è sgradevole, ma come definire in altro modo le cinque più gravi malattie che affliggono il
nostro Paese ? Soprattutto volendo richiamare l’attenzione su di esse con la
massima durezza, esprimendo così anche il sentimento di esasperazione che si prova nel vederne in genere abbastanza
sottovalutate la gravità e l’assoluta urgenza di contrastarle. Parliamone di queste
malattie: la corruzione diffusa, l’evasione fiscale a livelli insopportabili, la
diffusione della criminalità organizzata, l’inefficienza della giustizia
civile, penale, amministrativa, l’enorme debito pubblico.
La corruzione diffusa: se ne stima l’entità
economica in 70 miliardi, ma non è tanto questo dato che può misurarne
l’effetto devastante: più che l’aspetto
economico diretto contano le conseguenze indotte in termini di reputazione del
Pese, di perdita di fiducia dei cittadini nelle istituzioni, di deterioramento
generalizzato dell’etica nazionale.
L’evasione fiscale: a livelli tra i più elevati al
mondo. Se ne stima l’entità intorno ai 150 miliardi, circa il 10% del Pil; le
conseguenze più immediate sono ben note: una pressione fiscale pesantissima su
coloro che pagano regolarmente le tasse, una rilevante riduzione delle capacità
di spesa dello Stato.
La
diffusione della criminalità organizzata:
dominante in tre regioni del sud, con una crescente penetrazione anche al nord;
e con un giro d’affari sporchi che porta ad un “fatturato” da grande azienda,
stimato da qualcuno superiore a 130 miliardi.
L’inefficienza
della giustizia civile, penale,
amministrativa: in questo caso è impossibile azzardare una stima attendibile
delle ricadute economiche dirette, ma è indubbio che le conseguenze sull’economia
in generale, e sulla propensione agli investimenti in particolare, sono
pesantissime e ben note.
Il debito pubblico dell’Italia è da anni
ai massimi livelli : ad oggi 2.170 miliari, pari al 136% del Pil, e in continua
crescita. Questo comporta un onere annuo di circa 90 miliardi di interessi
passivi, una delle principali voci di spesa del bilancio nazionale: un fardello
che limita pesantemente le capacità di spesa dello Stato e impedisce l’adozione
di misure significative di riduzione della pressione fiscale. Tutto questo potrebbe sembrare la scoperta
dell’acqua calda, giacchè non è vero che non si parli abbastanza di questi mali
dell’Italia: se ne parla nei talk show, se ne scrive sui giornali, e in
qualunque programma elettorale si possono leggere tante parole in proposito.
Si, ma è proprio questo il punto: si scrivono due o tre paragrafi su questi
temi, tra decine di altri paragrafi che trattano i più svariati argomenti,
alcuni dei quali certamente importanti: non c’è dubbio, ad esempio, che il
problema dell’occupazione sia estremamente grave, giustamente il più sentito
dalla gente, come importante è anche il tema dell’inefficienza della PA, e
tanti altri. Ma quello che manca è il senso della priorità: i cinque cancri citati non si possono mettere sullo
stesso piano dei mille altri problemi che affliggono il Paese, occorre che si
abbia la consapevolezza dell’enorme gravità di questi cinque “macroproblemi”, del
loro essere “a monte” di tutti gli altri, della necessità e urgenza di
affrontarli con la massima determinazione e tutti insieme. Esiste infatti una sorta di “sinergia negativa” che determina un effetto che, nel complesso,
supera la somma degli effetti prodotti da ciascuno di questi bubboni.
Specularmente, una forte azione di contrasto coordinata nei confronti dei 5
morbi produrrebbe una sinergia positiva in grado di
potenziare e rendere più efficaci le singole azioni.
Fino a
quando non saranno affrontate con decisione, cambiando metafora, le 5 enormi palle
al piede con le quali l’Italia è costretta a competere con altri paesi, il declino del nostro paese sarà
inarrestabile.
Naturalmente,
non è pensabile di recidere le 5 malformazioni, a colpi di bisturi, in tempi
brevi: occorre un tempo adeguato, e in ogni caso non è realistico pensare di
poterle annullare radicalmente. Sarebbe sufficiente un significativo
ridimensionamento, che ci avvicini ai parametri caratteristici dei paesi più
virtuosi. Si potrà anche obiettare che qualcosa è stato fatto o si sta per fare
per contrastare i 5 mali; si, appunto:
qualcosa. Ma non basta, è drammatica la distanza tra la rilevanza delle azioni
in campo e la gravità delle situazioni.
Occorrerebbe
una mobilitazione coordinata e costante
di tutte le istituzioni e di tutte le strutture dello Stato, della società, dei
media; occorrerebbe prima di tutto una diffusa consapevolezza sulle
priorità, poi una pianificazione di azioni che muova dalla definizione di
precisi obiettivi espressi
chiaramente in termini di quantità e tempi; obiettivi realistici, ma
sufficientemente sfidanti. E infine: un costante monitoraggio della situazione di fatto in rapporto agli obiettivi, e
l’adozione tempestiva di azioni correttive nel caso di scostamenti
significativi tra i risultati ottenuti e quelli attesi.
Provo un senso di grande sconforto nel
constatare che, mentre i nostri maggiori mali progrediscono inesorabili, ci si
trastulli per mesi discutendo su temi che saranno pure di una certa rilevanza
(riforma del Senato, legge elettorale,
articolo 18, ecc.) ma nella scala delle priorità si collocano a distanze
abissali rispetto ai temi fondamentali che ho richiamato.
So che non è corretto sommare semplicemente
gli effetti economici dei cinque fattori: ma, soltanto per disporre di un
riferimento numerico, credo si possa
considerare che l’ordine di grandezza delle risorse complessivamente in gioco sia intorno ai 500 miliardi di euro;
se si riuscisse non dico a dimezzare, ma almeno a ridurre del 30% questo enorme
dispendio di risorse, quante buone cose si potrebbero realizzare con 150
miliardi?